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“FACCIAMO COUNSELING!”: Relazioni – Cos’è la dipendenza affettiva e come uscirne

di Manuela F. Di Forti  AG.RF 03.09.2016 (riverflash) – immagine dipendenza affettiva

Quando si parla di amore e relazioni affettive  si sente spesso nominare la dipendenza relazionale o affettiva e la codipendenza; andiamo a vedere di cosa si tratta.

La molteplicità di termini e definizioni riferiti a un disturbo che riguarda la sfera affettiva e relazionale è dovuta al fatto che questi si riferiscono a differenti ambiti.

Il termine dipendenza affettiva, nella letteratura anglosassone love addiction (dipendenza amorosa), è espressamente riferito a una relazione d’amore, a una relazione sentimentale.

Il termine  dipendenza relazionale è più generico e non strettamente legato a una relazione intima affettiva, ma anche a quelle relazioni tra parenti, fratelli, amici, colleghi, insomma tutte le relazioni.

Il disturbo della dipendenza relazionale ancora non ha, come accade per altre dipendenze comportamentali, una sua esatta collocazione , se non rientrando nel DSM-IV-TR (2000), nella scheda che riguarda il disturbo dipendente di personalità ; questa comprende quelle persone “caratterizzate da una profonda insicurezza nelle proprie capacità e dal bisogno eccessivo e costante di accudimento da parte di altri fino a dipenderne in modo esclusivo”.

Un altro modello di riferimento autorevole per descrivere i sintomi di questa new addiction , valido anche per la dipendenza affettiva o relazionale, è quello proposto da Caretti e La Barbera, che nel loro lavoro  raccolgono i contributi dei principali ricercatori italiani sulle più recenti condotte di dipendenza e che le considerano condizioni patologiche caratterizzate da:

1)      Ossessività

2)      Impulsività

3)      Compulsività

 Per quanto riguarda invece  la codipendenza questo termine nasce all’interno del movimento dell’auto aiuto, parallelo ad Alcolisti Anonimi; gli Al-anon, sono un’organizzazione fondata nel 1951 dalle mogli degli alcolisti in recupero presso gli A.A., per necessità di condivisione delle loro comuni problematiche.

Un po’ di storia

Mentre queste donne si riunivano per discutere dei problemi generati dall’alcolismo dei loro familiari, si resero consapevoli di una serie di comportamenti personali che avevano una circolarità compulsiva simile all’alcolismo: controllare l’alcolista, tentare di aiutarlo, provare il senso di colpa del fallimento.

Intuirono che la loro ossessione di accudimento, era una vera dipendenza proprio come  quella dei loro mariti  o parenti nei confronti dell’alcol.

Dunque,  già da allora, si definisce questo concetto: l’alcolista è un dipendente dall’alcol, e ha una sua patologia; il codipendente è dipendente dall’alcolista e dai suoi ossessivi tentativi di controllarlo e aiutarlo, e questo è un altro disturbo.

Il concetto di codipendenza negli anni subisce un ampliamento, fino a comprendere nel suo significato l’insieme delle caratteristiche comuni di persone profondamente segnate dagli effetti di dipendenze di vario genere, della loro famiglia d’origine: tossicodipendenza, gioco d’azzardo,  o altre dinamiche disfunzionali, e che poi in età adulta, instaurano relazioni di accudimento compulsivo nei confronti di altri dipendenti.

In altre parole la codipendenza rappresenta l’insieme delle caratteristiche comuni a partner e familiari di persone che hanno comportamenti di uso, sia rispetto alle sostanze psicoattive, che alle relazioni stesse.

La codipendenza, dunque, si è andata definendo a partire dal 1985, passando per varie evoluzioni di senso, partendo da una concezione di patologia che definisce una modalità di reazione all’alcolismo o alla dipendenza del coniuge o di un familiare, sino alla definizione attuale di dipendenza, che potremmo sintetizzare con il   focalizzarsi sui bisogni altrui, e  trascurare i propri.

Spann e Fisher (1990) hanno sintetizzato tutte le definizioni in una che ne comprende tutti i vari aspetti: “La codipendenza è una condizione psicosociale che si manifesta attraverso una modalità di relazionarsi agli altri disfunzionale. Questo pattern disfunzionale di relazione è caratterizzato da: focus dell’attenzione fuori dal Sé (dipendenza, ossessione, comportamento di accudimento nei confronti degli altri); mancanza di un’aperta espressione delle emozioni (emozioni represse, mancanza di fiducia in sé e negli altri, comunicazione povera); tentativi di ricavare un senso di scopo nella vita attraverso le relazioni con gli altri (controllo, negazione e rigidità)”.

O’Brien e Gaborit, poi, propongono anche una definizione sulla base di 5 fattori:

1)      tendenza a prendersi cura degli altri;

2)      tendenza a collocare gli interessi degli altri dinnanzi ai propri e a strutturare la vita attorno agli obbiettivi degli altri;

3)      sottomissione di sé nella relazione allo scopo di rimanere connessi agli altri;

4)      Limitate abilità comunicative (il codipendente non chiede, ma dà per scontati pensieri e giudizi degli altri, soprattutto del partner);

5)      Mancanza di autonomia.

I criteri proposti, inoltre, da Cermak nel 1986 in stile DSM  (Diagnostical and Statistical Manual of Mental Disorder) , per il disturbo codipendente di personalità, sono i seguenti:

  1. controllo di sé e degli altri nonostante l’evenienza di serie conseguenze negative;
  1. il senso di autostima deriva dal sentire che si riesce a controllare e “guarire” l’altro;
  2. assunzione di responsabilità per l’altro, anche quando non richiesta;
  3. disinteresse per i propri bisogni, priorità alle esigenze dell’altro;
  4. distorsioni del confine di sé (che diviene estremamente labile, con tendenza alla fusione e alla simbiosi) in situazioni d’intimità e di separazione;
  5. coinvolgimento in relazioni con soggetti affetti da disturbi di personalità, dipendenza da sostanze, altra dipendenza o disturbi del controllo degli impulsi.

Anthony Giddens, inoltre, considera la love addiction un disturbo autonomo e ne distingue tre principali caratteristiche che la connotano esattamente come dipendenza:

1)      l’ebbrezza , cioè il piacere connesso alla relazione ovvero la sensazione di euforia sperimentata e che gli è indispensabile per stare bene;

2)      la dose, intesa come bisogno di una  “dose dell’altro”, cioè  il bisogno di aumentare la quantità e l’intensità relativamente al  tempo da trascorrere in compagnia del partner; ciò riduce sempre di più il tempo autonomo proprio e dell’altro e i contatti con l’esterno della coppia;

3)      la perdita dell’ Io, cioè l’incapacità di controllare il proprio comportamento, con relativa perdita della capacità critica relativa a sé, alla situazione e all’altro; ciò comporta che anche quando ci sono momenti di lucidità, la consapevolezza della dipendenza getta la persona nello sconforto e nella vergogna e quindi la bassa autostima spinge ancora di più verso l’altro (che accoglie e perdona), cosicchè ogni tentativo di riscatto dalla propria dipendenza muore sul nascere .

Effetti sulla persona

Già dalla descrizione della codipendenza, o dipendenza relazionale in generale si deducono le  conseguenze di questa patologia sulla persona che ne subisce gli effetti.

Sia che si tratti di dipendenza relazionale, nella quale entrambi i partner nella coppia, o relazione che sia, sembrano completarsi ed incastrasi in modo disfunzionale, o che si tratti di codipendenza, in cui il codipendente rimane imprigionato in una relazione con un partner malato spesso di  alcolismo o dipendente in generale, in realtà tra i vari concetti non ci sono differenze nette, né come abbiamo visto visioni univoche;  ci si può riferire dunque alla codipendenza relazionale come quella dipendenza che riguarda, appunto, la sfera delle relazioni.

Come abbiamo visto precedentemente, alcune caratteristiche delle dipendenze da sostanze sono le medesime delle dipendenze comportamentali, quelle non mediate da sostanze psicoattive, dunque non è difficile comprendere che si può dipendere da una persona, tanto quanto questa fosse una droga.

La  codipendenza non ha mai nulla a che vedere con ‘l’amare’; una relazione sana d’amore sentimentale, amicale, o parentale che sia, ha dei parametri ben descritti nella letteratura.

L’amare sano e maturo, al contrario dell’unione simbiotica, è unione che preserva la propria integrità e individualità.

La persona che dipende da una relazione sentimentale, invece, superata la fase dell’innamoramento, ove una certa quota di fusione è naturale,  prova un desiderio di unificazione con l’altro che prosegue e si reitera in maniera esasperata in un tentativo continuo di rapporto simbiotico.

Erich Fromm  descrive bene quella forma psicologica simbiotica passiva della sottomissione (per usare un termine clinico, masochistica)  e quella simbiotica attiva (del sadismo, in termini psicologici corrispondenti al masochismo) in cui ambedue gli aspetti hanno in comune una fusione, ma senza integrità.

Questi sono proprio gli aspetti classici di un amare malato.

Esiste poi, anche una forma di fuga dall’altro , in maniera compulsiva , una forma di fobia d’indipendenza che sfocia nell’isolamento: si passa così da una ricerca disperata dell’altro, visto come unica fonte di benessere personale e regolazione del Sé, a una forma di evitamento dell’altro, percepito come invadente e come minaccia alla propria individualità.

Due facce della stessa medaglia: entrambi sono dipendenti relazionali; si configura una sorta di bulimia e di anoressia affettiva, ma  in entrambi i casi la persona non riesce a beneficiare del nutrimento dell’amore nella sua profondità ed intimità.

Ad una persona distaccata e fredda assolutamente indipendente da chiunque e dalla relazione stessa, in genere corrisponde un partner completamente dipendente dall’altro,  dalla relazione e dai suoi esiti.

Quando l’ amore, dunque,  si trasforma in un’ossessione che travolge la persona, o in una fuga dall’altro, come nelle altre dipendenze, si presentano vari gradi e stadi di gravità di effetti conseguenti.

Generalmente la persona ha una serie di sintomi, oltre quelli già descritti, che si possono riassumere in:

–          profondo senso di colpa;

–          rancore e rabbia nei confronti del partner;

–          paura di perdere l’amore;

–          paura dell’abbandono e della separazione;

–          paura della solitudine e della distanza;

–          terrore di mostrarsi per quello che si è;

–          senso di inferiorità verso il partner,

–          profonda gelosia;

–          dedizione totale al partner e annullamento di sé;

–          abbassamento dell’autostima;

–          senso di vergogna.

I sintomi, inoltre,  nel tempo divengono progressivamente più intensi e complessi e peggiora la  disfunzionalità;  la persona affetta da dipendenza relazionale nega totalmente la propria “identità” alla quale rinuncia; mette in secondo piano i propri bisogni e infrange i propri valori pur di non perdere il rapporto con l’altro.

Con il tempo, poi, generalmente, si intensificano i comportamenti di controllo, si esaspera l’eccessiva ricerca e la pretesa di contatto, di vicinanza e rassicurazione da parte del partner.

Altro elemento caratterizzante e frustrante per la persona dipendente, è che non c’è mai una gratificazione completa e soddisfacente in quanto per il dipendente affettivo l’amore non riesce mai colmare il vuoto interiore percepito. Quando ci si riferisce dunque  ad una persona dipendente relazionale, si intende una persona che vive un rapporto d’amore, o comunque i rapporti in generale, in maniera  distruttiva per se stesso e per le persone che ha intorno e tale da danneggiare il suo equilibrio psichico, a volte fino a mettere a rischio la propria sopravvivenza fisica.

Una buona possibilità di uscirne: I gruppi di auto aiuto: il trattamento non farmacologico,  la terapia di gruppo.

I gruppi CODA : i ‘Codipendenti Anonimi’

 CoDA, (Co-Dependents Anonymous, Codipendenti Anonimi), per sua propria definizione, è un’associazione gratuita di uomini e donne il cui comune problema è l’incapacità di creare e mantenere delle relazioni sane con se stessi e con gli altri.

Si incontrano regolararmente  e si sostengono reciprocamente per risolvere i comuni problemi ed aiutare gli altri nel recupero.

L’unico requisito per essere membri di CoDA è il desiderio di avere relazioni sane e soddisfacenti.

Si affidano ai “12 Passi ed alle 12 Tradizioni” derivate dal noto programma degli Alcolisti Anonimi, come fonte di conoscenza e di saggezza.  Questi sono i principi che stanno alla base del Programma CoDA e che guidano i partecipanti nell’impegno a sviluppare relazioni oneste e amorevoli con se stessi e con gli altri.

Ne’ l’Associazione, ne’ i gruppi sono professionali, e le decisioni relative al servizio nell’Associazione si basano sulla “coscienza di gruppo”, la decisione democratica espressa da ogni singolo partecipante.

La storia

 CoDA (Co-Dependents Anonymous, Codipendenti Anonimi) nasce negli Stati Uniti nel 1986 per iniziativa di Ken e Mary , coniugi, entrambi reduci da un lungo percorso di recupero da alcol e sostanze stupefacenti, con diversi matrimoni alle spalle e la grande sofferenza di vivere, durante il loro recupero personale, la tossicodipendenza attiva dell’amato figlio, riguardo la quale si riconoscono impotenti.

Approdati alla consapevolezza della necessità di affrontare il problema delle dipendenze affettive mettono a frutto il patrimonio di esperienza spirituale di Alcolisti Anonimi.

In particolare Ken, responsabile dei programmi di recupero in una struttura residenziale per il trattamento della codipendenza e di altri comportamenti dipendenti constata che le persone, una volta uscite dalla struttura e tornate alla loro vita di ogni giorno, soffrono della mancanza di una rete di sostegno.

Da qui l’idea di avviare gruppi di auto mutuo aiuto basati sul “Programma dei 12 Passi e 12 Tradizioni“.

La prima riunione CoDA negli Stati Uniti ha luogo il 22 ottobre 1986 e nell’anno successivo ha luogo la costituzione legale.

Nel 1995 esce la prima edizione del libro CoDependents Anonymous, il corrispondente per CoDA del  Grande Libro di Alcolisti Anonimi, ora tradotto in italiano.

La prima riunione di un gruppo CoDA in Italia si  tiene a Roma nel 1992.

Nel 1993 un articolo su un settimanale racconta per la prima volta dell’esistenza di gruppi di auto aiuto per le dipendenze affettive.

CoDA inizia ad  organizzare il primo raduno nazionale nel 1999 a Prato; nel 2004 c’è la costituzione legale dell’Associazione e nel 2005 se ne registra lo Statuto.

Attualmente CoDA, oltre ad essere presente in Italia e negli Stati Uniti, è presente in tanti altri stati quali: Australia, Brasile, Canada, Danimarca, Germania, Islanda, Israele, Paesi Bassi, Regno Uniti, Sudafrica, Svezia, Svizzera, Taiwan.

La storia di CoDA, è essenzialmente la storia della presa di coscienza e sviluppo dell’identità come Associazione e come Programma; infatti, è sottolineata l’importanza della “terza tradizione”, che esclude qualunque “filtro” per decidere chi può essere membro di CoDA:

“l’unico requisito per essere membri di CoDA è il desiderio di avere relazioni sane e soddisfacenti con se stessi e con gli altri”.

Molti dei membri di CoDA, inoltre, sono anche membri di altre fratellanze, avendo altre dipendenze, oppure sono figli o familiari di alcolisti o altri dipendenti da sostanze o patologiche.

Molti approdano a CoDA dopo essere usciti dalla fase attiva di un’altra dipendenza; accade così che molti si rendono conto che dietro ad altre dipendenze vi è molto spesso la dipendenza emotiva: questo può indurre a concepire la codipendenza come “la madre” di tutte le dipendenze, una specie di dipendenza generale, di fondo, ma per questo motivo anche una dipendenza “generica” che hanno un po’ tutti, dunque inizialmente difficilmente identificabile.

Molti dei partecipanti alle riunioni non si riconoscono in altre dipendenze, o almeno non in maniera così determinante, ma sono arrivati in CoDA perché hanno riconosciuto nella dipendenza da “relazioni malate” in sé stessa, la causa, più che sufficiente, di problemi che  devastano la loro vita e che esigono un intervento urgente e incisivo.

CoDA , come le altre associazioni dei 12 Passi, ha la prerogativa di:

–          Adottare per il recupero dalla codipendenza il “programma internazionale dei 12 Passi di CoDA“;

–          Non essere gestita da alcuna figura professionale;

–          Essere completamente autonoma per il proprio mantenimento tramite contribuzioni volontarie e anonime dei membri;

–          Mantenere l’anonimato dei partecipanti;

–          Non essere affiliata ad alcuna setta, fede religiosa, partito politico, e non appoggiare o opporsi ad alcuna causa.

E riportato di uno sforzo particolare nell’indirizzare alla traduzione della letteratura CoDA approvata dai servizi generali statunitensi (Grande Libro, Workbook, Opuscoli sui Passi e Tradizioni, depliants).

L’associazione CoDA si adopera a tutt’oggi per rendere sempre più incisivo il proprio lavoro sul “Programma” e di trasmettere in maniera sempre più efficace e capillare il messaggio a tutti coloro che soffrono per relazioni disfunzionali.

Il recupero in CODA

I dodici passi rappresentano la base, dunque,  anche in questa associazione.

Come abbiamo esaminato, per scrivere Twelve Steps, gli autori si sono coraggiosamente rivolti a figure primarie nel campo della psicoterapia, che all’epoca era ancora in uno stato embrionale, tra cui Carl Jung.

La Boyd, psicoterapeuta, che ha vissuto in prima persona un’esperienza di dipendenza, e che in seguito ha dedicato la propria vita è alla cura tecnico-psicologica di questo disturbo, in Liberarsi dalle dipendenze, afferma che oggi le persone che studiano la psicoterapia dinamica o integrativa potrebbero rimanere sorprese nello scoprire che non vi è nulla in contraddizione con le loro conoscenze.

Prosegue affermando che sicuramente non c’è nulla nella struttura dei “passi” che l’insegnamento moderno non possa condividere.

Quello che cambia di associazione in associazione, riguardo questo programma universale dei dodici passi è sostanzialmente il “primo passo”:

1)      “Abbiamo ammesso di essere impotenti nei confronti di (nome della dipendenza) e che le nostre vite erano divenute incontrollabili.”

La prima parte della frase è l’unica di tutto il programma che fa riferimento alla dipendenza specifica e a come interromperla, tramite l’ammissione di “impotenza” riguardo questa dipendenza, e ad una “resa” ai suoi devastanti effetti, che permetterà alla persona di sperimentare l’astensione dalla “sostanza”, e dunque il recupero. I rimanenti 11 passi, invece, fanno riferimento ad uno stile di vita, che aiuta ad evitare le ricadute.

La prima parte del primo passo è importante, dunque, per via della imprescindibile ammissione  personale di avere un problema, senza la quale non è possibile prendere dei provvedimenti e intraprendere un percorso di recupero per trovare la soluzione; nella seconda parte del primo passo c’è sempre un’ammissione e una presa di coscienza che riguarda le conseguenze della dipendenza attiva nella vita del dipendente: relazioni affettive non più gestibili, situazioni di lavoro precarie o difficili, sistema di valori personali compromesso, finanze ingestibili,  e non meno grave per la persona, una serie di sensazioni e reazioni incontrollabili.

La riflessione sui danni causati dalla dipendenza attiva fornisce lo stimolo, una volta conseguita l’astinenza dal bere o da qualsiasi comportamento compulsivo,  per evitare le ricadute.

Vista la natura della dipendenza relazionale, in Codipendenti Anonimi il primo passo cita testualmente:

1)      “Abbiamo ammesso di essere impotenti nei confronti degli altri e che le nostre vite erano divenute incontrollabili”.

I Dodici Passi di CoDA sono nati, dunque,  dall’adattamento dei Passi degli Alcoolisti Anonimi, allo scopo dei dipendenti relazionali che desiderano recuperare, come è avvenuto per molti altri programmi analoghi; in tutto il mondo sono milioni le persone che hanno messo in pratica questi concetti nella loro vita.

Non esiste una definizione univoca del termine “recupero” in CoDa.

Recupero, ad esempio, può stare per recuperare:

–          la propria serenità;

–          se stessi;

–          la propria dignità;

–          il proprio rispetto;

–          il proprio tempo;

–          ………

Nell’elenco si può aggiungere qualunque cosa sia necessaria per il benessere.

Il processo di recupero è individuale, come unica è ogni persona, ma molto spesso è simile nelle soluzioni a quello degli altri “fratelli” facenti parte dell’associazione.

Molti partecipanti hanno raggiunto la convinzione che queste soluzioni possano essere trovate nel programma di Co-Dipendenti Anonimi grazie agli strumenti che esso offre: l’associazione, le riunioni, la sponsorizzazione, la letteratura, le conferenze, le conventions, il servizio e i Dodici Passi e le Dodici Tradizioni di CoDA.

I Passi, a ogni modo,  sostengono l’energia e la disposizione al recupero personale; i partecipanti diventano sempre più ben disposti a lavorare su di essi al meglio delle loro capacità e cercano di essere il più possibile onesti con loro stessi, con il loro “Potere Superiore”, cioè un concetto di Dio, come ognuno può concepirLo in CoDa,  e di fronte a un’altra persona che si rende disponibile alla condivisione.

I tentativi di mettere i passi in pratica a metà, infatti,  lasciano il più delle volte una sensazione di sconfitta e i cambiamenti che si ottengono in questi casi spesso non durano a lungo; e si tenta  di fare i passi da soli, inoltre, senza partecipare alle riunioni, si  rischia di mantenere viva la tendenza all’autoisolamento, che è un tipico atteggiamento codipendente.

Con il procedere del recupero molti scoprono di aver bisogno dell’aiuto amorevole di quelli che hanno già fatto questo cammino prima di loro, “gli sponsor”, i quali possono offrire intuizioni, incoraggiamento e sostegno; queste persone, che si rendono disponibili, aiutano “i nuovi” a comprendere  che questi Passi non possono essere fatti sbrigativamente o in modo definitivo: non sono una scorciatoia.

I Passi , dunque, portano fuori dal binario dei comportamenti autodistruttivi verso relazioni sane e amorevoli con Dio, come ognuno può concepirLo, con se stessi e con gli altri; attraverso di essi i dipendenti relazionali in recupero maturano, stabiliscono una scala di priorità fra i diversi rapporti e ricevono una guida per vivere in modo salutare e affettivamente ricco.

Grazie alla struttura molto semplice dei passi, possono scoprire chi sono veramente e che cosa possono fare per avere relazioni sane e affettuose; i passi  aiutano inoltre a vedere in che modo le eventuali esperienze passate di abuso e abbandono hanno strutturato e rafforzato i loro comportamenti e modi di vivere codipendenti.

Imparano a lasciare le loro pretese di “potenza”, i problemi e le varie dipendenze a un “Potere Superiore” amorevole: affidano tutta intera alle Sue cure la loro vita, la loro volontà e la loro guarigione. Si assumono inoltre la responsabilità dei propri comportamenti codipendenti, che rafforzano in loro schemi di vita devastanti;  rafforzano l’umiltà riconoscendo i propri punti deboli e i  difetti di carattere ma anche le abilità e le doti, riconoscendo i  successi; a partire da questa condizione di umiltà si sforzano di fare tutto ciò che è in loro potere per correggere gli errori e cercano di completare l’opera aiutando a guarire le ferite, e, forse, anche quelle di coloro a cui hanno fatto del male.

Nel lavoro dei Passi ci si sforza ogni giorno di assumersi e mantenere la responsabilità dei propri atti e si impara a rendere sempre più robusto e profondo questo rapporto con il “Potere Superiore”: per rassicurarsi sul valore personale, l’auto-valutazione e il benessere più autentici si può fare liberamente assegnamento su di Lui e comprendere, infine, che se vogliono conservare per se stessi ciò che hanno raggiunto attraverso l’opera dei Dodici Passi devono impegnarsi a trasmettere l’esperienza, la forza e la speranza del proprio recupero a coloro che soffrono ancora per la codipendenza.

Il viaggio attraverso i Passi potrebbe rivelarsi l’opera più difficile che un dipendente abbia mai affrontato, ma la ricompensa che ne ricava in termini di “guarigione” è incommensurabile; col tempo, poi, i Passi entrano a fare parte integrante della vita quotidiana della persona in quanto questi principi vengono applicati in tutti i campi della vita.

Quello che segue è l’elenco degli strumenti di recupero che, in tutte le associazioni esaminate, sono a disposizione di tutti per perseguire l’obbiettivo ambizioso del percorso di “guarigione”:

–          la partecipazione alle riunioni;

–          l’uso della letteratura;

–          l’uso della scrittura , anche per il lavoro dei passi scritti;

–          il servizio nell’associazione;

la possibilità di interagire con una persona disponibile a lavorare il programma: lo sponsor.

Questo è il Link dell’Associazione per l’Italia, ma ovviamente è anche all’estero, in molti paesi nel mondo.

http://codipendenti-anonimi.it/

Questa è una buona opportunità. Un buon Counselor , a mio avviso, se riscontra questi sintomi può  proporti questi incontri di gruppo.

 

A presto, con nuovi argomenti.

 

 

Manuela F. Di Forti

Educatore professionale  (Laurea Scienze della Formazione) – Counselor motivazionale (Università Popolare Homo e Natura)- Operatore olistico (Diploma Reiki II livello).

E mail manuelafrancesca20@yahoo.it

 

 

Fonti:

– Tesi di Laurea in Pedagogia delle neuroscienze di Manuela F. Di Forti -Dipendenze e Gruppi di Auto Aiuto – Università degli studi Roma Tre, Dipartimento di Scienze della Formazione

– Letteratura C.o.d.a. CoDependence Anonymous, Trad. It. Codipendenti Anonimi, Il Grande Libro (2013) Codipendenti Anonimi Italia  http://codipendenti-anonimi.it/menu/letteratura

– Fromm E. (1956), L’arte di amare, 1986, Milano, Mondadori.

– Norwood Robin. Donne che amano troppo, 1989, Milano, Feltrinelli.

 

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1 Commento »

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Una Risposta a ““FACCIAMO COUNSELING!”: Relazioni – Cos’è la dipendenza affettiva e come uscirne”

  1. 1

    Dani dice:

    l’argomento è spiegato passo passo in tutti i suoi aspetti e le sue forme…..Molto utile sapere,fondamentale sapere per accorgersi ,ammettere e cambiare.

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