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Perché le banche USA sono fuori pericolo e quelle europee no?

dollariDi Marco Sarli AG.RF .  15.08.2016 (ore 12:30)

River Flash – Nei primi due-tre anni della tempesta perfetta, quella che nel sottotitolo del Diario della crisi finanziaria definisco la più grave crisi di liquidità dal secondo dopoguerra, mi sono occupato prevalentemente della crisi delle banche statunitensi letteralmente sommerse da quei titoli della finanza strutturata, a partire dall’impacchettamento dei mutui subprime in pacchetti realizzati dagli apprendisti stregoni delle sezioni di Corporate & Investment Banking delle banche più o meno globali, e che godevano in larga misura del racing della tripla A, una montagna dalle dimensioni impressionanti che sembrava dovesse sommergere tutto ma che alla fine ha fatto soltanto una vittima illustre, la Lehman Brothers, più alcune di istituti di piccole e medie dimensioni, ma, grazie alle scelte del capo della Federal Reserve, Benjamin Bernanke, in arte Bernspan, che ha utilizzato l’enorme volume di liquidità creato con le varie edizioni del Quantitative Easing per drenare migliaia e migliaia di miliardi di dollari di questi titoli più o meno tossici dalle banche operanti negli USA (banche europee globali incluse), trasformando le sedi della Fed, in particolare quella di New York, in enormi discariche a cielo aperto di questi titoli che sono di fatto scomparsi dalla circolazione.

I più attenti tra i miei lettori si chiederanno: ma se l’azione della Fed ha salvato le banche americane perché non ha fatto altrettanto per Deutsche Bank, BNP Paribas, Société Generale, UBS You and I, Credit Suisse, Lloyd Bank, Il problema aggiuntivo dell’area europeaRoyal Bank of Scotland e via cantando? La risposta, almeno apparentemente, è semplice e dipende dal fatto che, oltre ai derivati e ai titoli più o meno tossici conferiti alle capaci discariche della Fed, gli apprendisti stregoni delle CIB di queste banche, nel caso di Deutsche di CIB ne esistono addirittura due, hanno continuato a sfornare i prodotti più disparati, accumulandone, complessivamente, per centinaia e centinaia di migliaia di miliardi di euro di nozionale, una situazione che le apre a a rischi operativi (che, sempre collettivamente, non superano di molto i cento miliardi di euro), ma, e questo e più grave e di gran lunga più difficilmente quantificabile, a rischi di controparte che, tradotto in soldoni, è il rischio che una controparte di un contratto finisca a gambe all’aria.

Ma il problema aggiuntivo dell’area europea, la Svizzera richiederebbe un discorso a parte, è che, stretti dai vincoli stretti dei parametri di deficit e debito previsti dal trattato di Maastricht, i governi dei grandi paesi dell’area hanno sì fatto interventi rilevanti volti al rafforzamento patrimoniale delle banche dei rispettivi paesi, interventi fatti solo in modo marginale dall’Italia con i Tremonti e i Monti Bonds, ma non hanno potuto evitare che la spirale recessiva mandasse in default numerose aziende debitrici delle stesse banche, determinando un ammontare di Non Performing Loans pari a un trilione di miliardi di euro, dei quali più di un terzo facenti capo alle sole banche operanti in Italia, un macigno che gli stress test hanno evidenziato, pur mandando al di sotto della linea di valutazione il solo Monte dei Paschi di Siena.

La vera differenza, tuttavia, sta nella politica economica e, soprattutto, quella monetaria attuate al di là e al di qua dell’Oceano Atlantico, in quanto, dopo le scelte molto opinabili della triade Bush-Bernspan-Paulson (ex numero uno di Goldman Sachs prestato alla politica come ministro del Tesoro pochi mesi prima dello scoppio della tempesta perfetta), è arrivato alla presidenza degli Stati Uniti d’America Barack Obama e, come per magia, Bernspan ha iniziato a tirare fuori dal cappello quelle trovate che hanno reso una vera e propria catastrofe una grande opportunità, ovviamente infischiando dei vincoli di bilancio e dei parametri che restano un ossessione tutta europea, anche perché i due erano ben consapevoli che o si riusciva a raddrizzare la nave o si andava tutti a fondo e che a ripagare i debiti ci avrebbero pensato i posteri, cosa che, peraltro, non accadrà perché la ricetta ha funzionato e ora ci si trova con un’economia in soddisfacente crescita, un tasso di disoccupazione quasi ai minimi storici e le banche quasi del tutto in piena salute!

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